E’ giustificato l’allarme di quanti accusano i social media e Google di favorire la propaganda di una parte politica rispetto alle altre?
Probabilmente no, ma un problema chiaramente c’è.
Gli algoritmi utilizzati da Google e dagli altri giganti del web infatti premiano ciò che riesce ad aumentare le visualizzazioni e ciascun tipo di interazione.
Piuttosto che accusarli di essere di destra o di sinistra, sarebbe il caso quindi di accusarli di avere una tendenza “verso il basso”.
Gli algoritmi del web analizzano infatti il comportamento umano per aumentare il coinvolgimento degli utenti e nel tempo hanno compreso che molto spesso le interazioni aumentano grazie ai contenuti che contrappongono le persone.
Ed è proprio il business model di Facebook, Twitter, Instagram e Google a provocare questo effetto collaterale.
Come noto, infatti, Google, Twitter e Facebook offrono servizi gratuiti e li utilizzano per raccogliere enormi quantità di dati degli utenti. Gli algoritmi utilizzano tali dati per aiutare gli inserzionisti a fornire agli utenti stimoli ottimizzati per modificare il loro comportamento, incoraggiandoli ad acquistare i propri prodotti e servizi.
Facebook, ad esempio, guadagna aiutando gli inserzionisti a indirizzare post – comprese fake news e complottismi vari – verso le persone che hanno maggiori probabilità di essere persuasi.
Gli algoritmi in sé non hanno coscienza politica anche se potrebbero essere programmati in tal senso. Tuttavia, anche mettendo da parte il pericolo del condizionamento politico, è proprio il loro scopo ufficiale, cioè quello di cercare i modi migliori per coinvolgere gli utenti sfruttando qualsiasi cosa funzioni, a connotarli come motori ottimizzati per produrre degrado sociale.
Su propaganda politica e web ne abbiamo gia parlato negli articoli della sezione Politica in rete.
Per approfondimenti si consiglia il recente libro di Jaron Lanier “Ten Arguments For Deleting Your Social Media Accounts Right Now“.